1000 Years of Popular Music: Richard Thompson, Debra Dobkin and Judith Owen Live In Canterbury At the Marlowe Theatre – Feb 1st

I just came back to Rome after some stuff, and i finally can post about different things, like attending a Richard Thompson concert in Canterbury, sunday 1st of February at the Marlowe Theatre.

I’ll write something about it in italian down below, but let me say something in english for everyone – the concert was exciting, thought-provoking and engrossing. I clapped my hands and stepped my toes in excitement and fun while listening to an arrangement done by Mr. Thompson of a song (So Ben Mi C’Ha Bon Tempo) by Orazio Vecchi, a late-rinascimental composer from Modena, unbelievable. Great concert, BRAVI. The humor was stellar (the joke about “italians, french, english and germans” was great… i couldn’t really understand if Thompson really did catch me raising a hand while asking, in the process of building up a joke, if someone in the crown could speak italian, ’cause that would have been quite a fun and unexpected answer, but it was lovely that because of this a lady near me said “buonasera” while going out at the end), the selection of songs incredibly interesting and a pleasure for my ears – i personally preferred Nelly Furtado’s mix with a choir in medieval latin, Blackleg Miner, The Fause Knight Upon The Road, I Live In Trafalgar Square, Oh Shenandoah, Cry Me a River and the rock and roll.

Judith Owen was really touching, especially for talking about her welsh father and then singing Cry Me A River. Quite full of energy was Debra Dobkin, exciting during the fast songs and – really impressive to say the least – proved to be quite versatile while embracing a variety of styles with such confidence and talent, like Thompson did with the guitar. Want to listen to some good humor and some good music? To go home thinking about some present and past styles and lyrics (could be Thompson’s own stuff and\or others’ stuff that he’ s going to sing like in this case) that you will recall in your head for years? Give him\them faith and he\them will repay you by handing over some great words and tunes.

I would really like to chat a bit with him about popular music, folk songs, songwriting, his take on singing ballads and stuff, and learn something about his music and songwriting too of course, oh well, it would be fun :D. We could even do it in colloquial medieval italian (note to self – stop making things up, Alessandro).

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(Una versione più corta di questo articolo dovrebbe forse apparire in seguito anche su IL POPOLO DEL BLUES – Date un’occhiata al sito perchè è pieno di contenuti interessanti fatti da gente in gamba!)

—-> http://www.ilpopolodelblues.com/intro.html

Richard Thompson, Debra Dorkin e Judith Owen sono attualmente in tour per la Gran Bretagna con lo spettacolo “1000 Years of Popular Music”.

The idea came from Playboy Magazine” – racconta Thompson sul suo sito – “I was asked to submit a list in late 1999 of the 10 greatest songs of the millennium. Ha! I thought, Hypocrites, they don’t mean millennium, they mean 20 years. I’ll call their bluff and do a real thousand-year selection”. E’ bastata questa premessa a farci decidere di stare a nostra volta al gioco del trio, ovvero l’essere riusciti a farne un vero spettacolo, e di raggiungere l’innevata contea di Kent per vederli calare le carte. Siamo due: Matteo Bartolini (un amico fraterno e compagno di progetti e scalate su roccia, nonchè suonatore di campane della torre campanaria di Arrone e membro della banda dello stesso paese – i pezzi di Matteo sono scritti in arancio).

img_08301La sera del 1 Febbraio la hall del Marlowe Theatre di Canterbury è piena. Salta subito agli occhi l’età media dei presenti, almeno 45 anni. La maggioranza ha l’aria di essere ex figli dei fiori, ex giovani alternativi degli anni ’70, anzi tanti non sembrano proprio “ex”. Conoscenti che si rivedono al concerto per ricordare insieme i tempi andati, o quello che la musica della serata pùò significare per loro”. L’inizio è sorprendente. Thompson marcia fino al microfono suonando l’hurdy gurdy, la Dobkin mantiene un ritmo da marcia con un tamburo a bandoliera, mentre le voci dei tre si uniscono a metà del brano, Sumer is Ecumen In, il più antico canone conosciuto in lingua inglese. Alle spalle dei musicisti scorrono su schermo immagini di iconografie religiose cristiane di epoca medievale, che non fanno altro che aumentare la suggestione degli ascoltatori. Il viaggio nei mille anni di musica popolare è cominciato. Sul palco, un timpano, una grancassa messa in orizzontale, un rullante e due piatti di diversa misura, con il sostegno di un piano elettrico suonato alternativamente dalla Owen e dalla Dobkin, sono gli unici strumenti pronti a fondersi con la chitarra di Thompson. E tutti e tre cantano.

The premise is that”, continua Thompson, “popular music comes in many forms, through many ages, and as older forms get superceded, sometimes the baby is thrown out with the bathwater – great ideas, tunes, rhythms styles, get left in the dust of history, so let’s have a look at what’s back there and see if it still does the trick”.

A guardare il trasporto del pubblico, per non dire il nostro, il trucco funziona. Da The Lionhearted (1190), scritta in prigione da Re Riccardo I al ritorno dalle crociate e adesso riproposta con uno stile da trobadour, a The False Knight Upon the Road, da Remember, O Thou Man (1611) di Thomas Ravenscroft a I Live In Trafalgar Square, si passa tra la musica scritta e quella di tradizione orale: un madrigale, una musica da chiesa, un’opera, una canzonetta, una hall song, un canto di lavoro, una ballata narrativa (una bellissima Oh Shenandoah). Ogni canzone è introdotta da aneddoti, spiegazioni, lettura del testo, e da continui commenti ironici sul repertorio e sul pubblico in sala, offerti, come la scaletta in programma, ad un ritmo sostenuto. E la voce di Thompson si dimostra come il miglior legno: da sempre con solidità serve soprattutto ad elevare i testi, a toccarla con i timpani è un piacere, e migliora con gli anni.

Il primo vero assaggio dell’abilità con la sua Lowden è arrivato col ritmo deciso di So Ben Mi Ca Bon Tempo di Orazio Vecchi, compositore modenese del 1550. Si, siamo a Canterbury, e stiamo battendo il piede al Marlowe su un corposo arrangiamento per chitarra di una composizione di un italiano del tardo-rinascimento – o se vogliamo, “una sorta di Fiona Apple del VI Secolo”, come specifica Thompson. “Hanno raggiunto l’apoteosi quando sono partite le note di Blackleg Miner, un canto dei minatori di Northumberland (qui degli Steeleye Span). L’esplosione di note-percussioni-voce accompagnate dalle immagini di foto d’epoca di minatori, ha fatto saltare sulle poltrone l’intero pubblico.” E stessa reazione ha provocato il rock and roll di Wine Spo-Dee-O-Dee (davvero grintosa l’americana Dobkin), preceduto da Java Jive, Julie London (emozionante la calda voce della gallese Owen in Cry Me a River) e Hank Williams con Lonesome Whistle Blow.

p1000262 La memoria musicale del pubblico, il piacere e il divertimento degli spettatori nel riconoscere le canzoni e, anche per i musicisti, di ricordarli nel proprio vissuto raggiungeva il suo picco nel momento dedicato agli anni ’60, evidente punto di condivisione musicale di tutte le generazioni rappresentate in quel momento, con The Beatles, e soprattutto The Kinks (“See My Friends” è uno dei pezzi su cui si regge lo spettacolo). Grande ironia viene fatta dal gruppo sulla qualità della musica degli anni ’70, con gli Abba con “Money”, a ricordare come mai i musicisti si svegliano presto tutte le mattine, e ’80. I temi dell’amore, del lavoro, della morte, del dolore, de continuavano ad essere protagonisti della proposta del trio attraverso un caleidoscopio di lingue e di stili musicali che si fondevano a quelli personali dei musicisti proprio grazie alla loro soprendente versatilità e abilità interpretativa. Eccezionale la conclusione in tre parti: Maneater di Nelly Furtado in versione rock moderno, suonata sull’immagine di una sfera da discoteca che rimanda all’originale, e che lentamente si trasforma in un coro di musica medievale da chiesa in latino, che ripete il tema del ritornello; in francese, antica perfino per il fantasma di Geoffrey Chaucer, Ja Nuls Hom Pris di Re Riccardo I The Lionheart, e infine, un’apprezzata I Wanna Hold your Hand dei Beatles, davvero immancabile se di popular music si vuol parlare.

Tutto rigorosamente tra i 3 e i 5 minuti a pezzo, ovviamente.

Per avere un particolare assaggio di che si tratta seguite questo link —-> RICHARD THOMPSON ON NPR RADIO

Un pezzo eccezionale e raro, notate il DADGAD tuning che rivela molto della sua storia musicale,  lo humor costante e se permettete, il trasporto nel cantare. — RT, She moves Through The Fair, Seattle 1990:

Article By Matteo Bartolini and Alessandro Toffoli

~ by Toto on March 2, 2009.

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